Come applicare il “Value Based Healthcare” al percorso della Nutrizione Parenterale Domiciliare (NPD)? Cosa è il “valore” nella NPD e con quali strumenti si può misurare? Come ottenere outcomes positivi in modo sostenibile? Sono queste le domande a cui ha voluto dare risposta la giornata di confronto dal titolo “L’approccio Value Based Healthcare applicato alla Nutrizione Parenterale Domiciliare, dall’analisi dei costi alla valutazione dei benefici”, promossa da Baxter, che si è svolta a Firenze lo scorso 23 maggio. Per la prima volta in Italia, una comunità di esperti ha raccolto questa sfida con l’obiettivo di acquisire metodologie di analisi del valore, condividerne le evidenze legate alla Nutrizione Parenterale Domiciliare e riflettere insieme su come indirizzare l’evoluzione verso il “Value Based Healthcare”.
La sfida del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) oggi è quella di rispondere ai bisogni assistenziali della popolazione, evitando di aumentare ulteriormente i costi e garantendo qualità e innovazione. La strada da percorrere è quella che parte da un approccio ‘Value Based Healthcare’.
Il malato oncologico ed i pazienti cronici tutti, rappresentano una quota molto importante nella gestione da parte del SSN che promuove a vari livelli la domiciliarizzazione delle cure. Questi pazienti molto spesso necessitano di un approccio integrato che, al trattamento della patologia, unisca anche una terapia nutrizionale clinica di supporto.
La nutrizione parenterale è una terapia che oggi trova sviluppo e indicazione in una serie di patologie che vanno appunto dalle malattie croniche, pediatriche, oncologiche fino ad arrivare al paziente critico. La terapia nutrizionale domiciliare dovrebbe essere integrata nel trattamento primario del paziente, condividendone gli stessi obiettivi, e sviluppata in modo personalizzato in base allo stato clinico/metabolico del paziente.
Alla base della strategia “Value Based Healthcare”, volta a migliorare gli esiti di salute dei pazienti, contenendo i costi e assicurando qualità e innovazione, ci sono 3 principi fondamentali: centralità del paziente; percorsi di cura integrati; misura degli esiti di salute e dei costi lungo il ciclo di cura.
Grazie all’impegno di Baxter, che da 35 anni porta avanti il servizio di assistenza domiciliare per il trattamento di pazienti in nutrizione parenterale, oggi è disponibile un ampio database ‘Serecare’ che, dal 2002 al 2011, ha registrato i dati relativi alla gestione domiciliare dei pazienti. Un lavoro portato avanti dal servizio infermieristico di Baxter. Un registro, unico in Italia, rappresentativo della gestione della NPD in Italia in quanto arruola pazienti provenienti da una media di 100 province in Italia (91/107), in terapia presso 54 Centri ospedalieri di Nutrizione clinica. Finalità del registro è quella il raccogliere i dati relativi ad indicatori di processo e di esito (efficacia e sicurezza), tramite una web-platform per il miglioramento del servizio. Il numero dei pazienti analizzati è di 874 di cui 267 pediatrici e 607 adulti.
Per questi pazienti nutrirsi artificialmente significa vivere. Mentre il rischio di incorrere in un’infezione causata da un tubicino fallato, da uno basso livello di assistenza nella gestione del catetere venoso centrale o da un prodotto di scarsa qualità, o addirittura non sterile, può anche significare la morte. Le infezioni da catetere venoso sono una delle complicanze più comuni in questi pazienti, per le quali anche le linee guida dell’Espen hanno posto l’attenzione.
I dati del registro Serecare mostrano invece come grazie ad un programma domiciliare e un approccio integrato che comprende la presa in carico completa del paziente e unica su tutto il territorio nazionale e che unisce alla terapia anche la formazione dei pazienti, il monitoraggio continuo la fornitura di materiale necessario alla corretta gestione della terapia e dell’accesso venoso centrale, le apparecchiature e la reperibilità h24 e un rigido sistema di governance si riesce a monitorare gli esiti del trattamento a lungo termine, migliorandone l’efficienza e prevenendo potenziali complicanze. In particolare questa è la più grande indagine mai documentata che ha consentito di ottenere risultati omogenei nonostante l’eterogeneità dei centri, grazie all’insieme di regole e protocolli standard debitamente applicati. Il tasso di incidenza di infezioni registrato è di 0,45 e di complicanze meccaniche di 0,34 per 1000 giorni di catetere, valori sensibilmente inferiori a quelli riportati in altri studi, in pratica un calo del tasso di infezioni da catetere e conseguenti ospedalizzazioni. Dati pubblicati mostrano anche come il costo della gestione di queste complicanze comporti un incremento della degenza dei pazienti in ospedale (media di 8 giorni) e un conseguente aumento dei costi (ca 9.000 €).
Attualmente, in Italia, la gestione nutrizionale del paziente è molto variabile da regione a regione e non sempre la presa in carico e il supporto nutrizionale risultano appropriati. Un’applicazione pratica e di successo di questo approccio è stata messa a punto dalla Regione Toscana, con il Progetto FMECA/NPD. A 6 anni dalla redazione della delibera 580/2010 per la gestione del paziente in nutrizione parenterale domiciliare, il Centro Gestione Rischio Clinico ha condotto un’indagine pro-attiva sulla situazione dei percorsi di nutrizione parenterale domiciliare, per rilevare le criticità organizzative e clinico assistenziali, il livello di applicazione della delibera e cosa questo comporti per il percorso NPD in termini di rischi per la sicurezza del paziente.
Il progetto ha coinvolto 5 unità di nutrizione clinica ed in modo molto sintetico prevede la realizzazione delle fasi descritte di seguito: un gruppo di professionisti selezionato rappresentativo del team di lavoro che opera solitamente nel processo che si intende analizzare, si riunisce sotto la guida di un moderatore esperto per guardare la propria attività dal di fuori; costruisce un diagramma di flusso della reale attività, individua le modalità di fallimento (Failure Modes) ed i potenziali danni (Effects Analysis) che possono colpire il paziente e/o il processo stesso; assegna un punteggio numerico – una priorità – in termini di urgenza alle criticità individuate (Indice di Priorità di Rischio – IPR) ed infine individua le azioni di miglioramento per ridurre il rischio d’incidenti.
In conclusione, in Regione Toscana l’analisi ha rilevato diversi livelli di applicazione della DGR 580/2010 che originano in diversi livelli di rischio percepito e diversi livelli di cultura della sicurezza e portano a livelli di accesso/trattamento diversificati. L’approccio basato sui fattori umani è necessario per una completa realizzazione pratica di un percorso 580/2010. Permangono criticità di sistema comuni ad altri percorsi, come ad esempio per la raccolta dati; la Del 580 è ben articolata, ma serve una rete di operatori con sufficienti risorse (cultura ed approccio sistemico) per mantenere lo stato di affidabilità del sistema. Per tanto, l’analisi del rischio è necessaria per valutare la sostenibilità nel tempo.